In enormi bauli
si aggomitolano i capelli secchi
dei soffocati
e una treccina bigia
una codina di topo con un nastro
che tiravano a scuola
i ragazzi sgarbati
Tadeusz Rozewicz, La treccina
frammento/ Museo di Auschwitz 1948
Per anni la treccina della poesia di Rozewicz (lettura obbligatoria a scuola) ha rappresentato per me il mondo della Shoa.
Pensavo alla bambina che portava questa treccia e a tutto lo strazio indicibile dei suoi ultimi mesi di vita.
Non avrei mai immaginato che un giorno ne avrei riconosciuto il ritratto, l’immagine di quando era felice e allegra. Ha
aspettato tanti anni per potermi parlare e gridare: ” Dai, vieni a giocare con me! Corriamo!”
Strani fluidi si spandono nell’aria. Ci sono delle correnti misteriose che vanno dalla Polonia in America, dall’America a Roma, e si
compongono sulle tele di Lillo Bartoloni, che, come un medium, – o forse semplicemente come un artista – ci fa vedere i visi degli abitanti della Polonia Ebraica: i miei cugini, i miei zii, i miei amici che non ho mai conosciuto.
Olek Mincer
Lillo Bartoloni artista romano, neoespressionista, fondatore del gruppo dei neo-chagalliani (anno 2000 – al Centro Ebraico Italiano – Il Pitigliani di Roma) si occupa da circa 15 anni degli ebrei della mitteleuropa ispirato dai testi di Joseph Roth, Franz Kafka e Isaac B. Singer.