.
.
Più non riconcilierà Abele e Caino
(da Jolanda Insana, Tutte le poesie, Milano, Garzanti 2007)
.
.
non tirerà più la catenella dell’acqua
e io che sto al piano di sopra
non sentirò lo sciacquone
e se ora mi capita di sentirlo
so che la sua mano non c’entra nulla
con tutto questo gorgòglio e brontolio
di acque strozzate nelle tubature
perché realizzo che sono a Roma
e non a Messina
ma il trasalimento resta lo stesso
di quando ragazza abitavo la stanza di sopra
e sentivo i suoi rumori
e ogni volta è un soprassalto
.
.
più non parlerà
e non ci sono tenaglie per tirare la lingua
quando la morte vince e inghiotte la parola
ma ricordarsi e scambiarla di contrada in contrada
sguittìo sussurro fremito di corde o balbettìo
e sia la morte padrona assoluta dell’ultimo fiato
.
.
non farà più giorno
e più non accende la luce
più non avrà colpi per la giostra
e più non lancia anelli al pesce rosso
non raccoglierà più gladìoli in mezzo al grano
e più non strappa al gelso foglie per i bachi
più non si toglierà le spine
e più non succhia favi di miele
non schiaccerà più noci con le mani
e più non apre cozze col coltello
più non perdonerà
e più non accoglie il nemico
non sceglierà più gelato di fragola e limone
e più non sviene
più non tirerà la vita alla vita
e più non dà l’acqua ai fiori di cera
non metterà più capperi sotto sale
e più non ammolla il tonno salato di Milazzo
più non si scrollerà colpe
e più non ha vergogna
non intreccerà più corone di sorbe
e più non scioglie nodi e fiere contorte
più non si sbilancerà per acchiappare
il bambino che cade
e più non cade inciampando nel tombino
non andrà più in giardino
e più non resta chiusa nella casa fortino
più non sentirà la katabba di sant’Agata
e più non fa la novena
non ci sarà non ci sarà e ci sarà
finché c’è la parola che la dice
non fa
nulla può fare nulla può più fare
e nel sogno ha fame e chiede cibo
più non accudisce né picchia
.
.